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La commovente testimonianza di Fabio Rizzo, compositore non vedente.

L’ origine di ODLA: il primo dispositivo con Pentagramma in Rilievo che rende la scrittura digitale della musica completamente accessibile alle disabilità visive.

Testimonianza di Fabio Rizzo

La rivoluzione di ODLA

 di Fabio Rizzo

 

Un desiderio durato vent’anni.

Quando l’amico Renato Pace, sul finire del 2018, mi mise al corrente della sua intenzione di progettare un hardware dedicato alla scrittura musicale, non dubitai neppure un attimo circa la probabilità che il suo pensiero si sarebbe potuto trasformare in qualcosa di tangibile.

Aveva già ideato, nei primi anni duemila, un sistema basato sulla combinazione di tasti da lui stesso programmati; in sostanza, era riuscito a sintetizzare il procedimento di notazione di uno dei più noti software specializzati riducendo le numerose operazioni intermedie a poche essenziali digitazioni; sistema che, però, vuoi per la tecnologia ancora inadeguata di allora, inclusi i programmi di riproduzione vocale necessari alla mia fruizione, vuoi per l’oggettiva difficoltà nell’orientarsi al buio in un dominio di criteri chiaramente elaborati per la raffigurazione grafica, dopo alcuni tentativi volti a stabilizzare quanto più possibile l’ingegnoso intrigo di funzioni unificate, non ebbe esito fortunato.

Nel corso degli anni, il ricordo di quella breve ma intensa esperienza (di fatto, seppur con difficoltà, avevo scribacchiato alcune battute, cosa impensabile sino ad allora) il ricordo di quell’esperienza, di quell’esperimento tanto promettente rimasto incompiuto, era riemerso più volte nelle nostre lunghe conversazioni; e ad ogni commiato ci si riproponeva, prima o poi, di ritentare ancora.

Così, quando alcuni mesi dopo il suo ottimo proposito, era appena sbocciata la primavera del 2019, lui e suo figlio Alessandro, che frattanto aveva concepito l’idea geniale del pentagramma tridimensionale, mi vennero a fare visita col prototipo di… ancora non gli era stato dato un nome… Una superficie di plastica con una serie di rigonfiamenti di varia foggia a mo’ di pulsanti tutti intorno al suddetto pentagramma.

Pensai che finalmente, forse, le cose stavano cominciando a girare per il verso giusto.

A quel primo incontro, a cadenza piuttosto regolare, via via ne seguirono altri; veri e propri appuntamenti aventi anche lo scopo di fare il punto della situazione e delinearmi le coordinate per le tappe successive; erano incontri sempre più coinvolgenti e forieri di notevoli progressi, in cui si aveva la netta percezione che quel sogno rimasto per tanti anni nel cassetto si stava poco a poco realizzando davvero.

La prova di ciò, ovviamente, era avvalorata dalla continua, progressiva, quasi prodigiosa metamorfosi che si palesava in quel prototipo grezzo e rigido; la superficie di plastica con i pulsanti in rilievo, a cui nel frattempo era stata applicata la sua simmetrica metà inferiore con quattro piedini angolari, già agli albori dell’autunno aveva il suo bel nome “ODLA” e, cosa assai più importante, aveva assunto le sembianze inequivocabili di una tastiera ergonomica.

I suoi grandi tasti, ora in gomma, si potevano comodamente pigiare e il rivoluzionario pentagramma, con i suoi righi paralleli inframmezzati da spazi a forma di ovali allungati, entrambi ben riprodotti, spiccava tra essi.

Poi, si era di già in piena estate 2020, venne il gran giorno… ODLA fu tirata fuori da un marsupio e poggiata delicatamente sul tavolo… fu collegata al computer, fu accesa e… sì! Dentro la sua elegante scocca pulsavano, interagivano, si connettevano i circuiti del suo cervello! E quel cervello era capace di pilotare, sollecitato dai tasti rigo e dai tasti spazio a cui si abbinava la grandezza desiderata con un semplice numero, tutti i toni, i valori, gli intervalli, le polifonie, in ognuna delle sette chiavi di tutto l’universo infinito delle note!

Io assistetti a quell’autentico portento tra l’attonito e il divertito; ascoltavo, mi stupivo di quell’oggetto sorprendente; lo osservavo mentre si animava sotto le mani provette dei suoi due inventori: melodie briose, ritmi sincopati, motivetti vagamente familiari, financo un abbozzo esatonale della celeberrima Fra Martino Campanaro! Non c’erano limiti alla creatività.

Alla fine anch’io, sebbene visibilmente impacciato a causa di una sorta di ubriacatura da incantamento, mi volli cimentare – Il momento è solenne e irripetibile! – mi dicevo per darmi una scossa e convincermi ad approcciare la prima interazione con Odla senza troppe inutili ansie… e… beh, ciò che venne fuori non fu certo, come dire… memorabile ma… fu uno sballo da matti; mi riuscì di mettere in sequenza persino qualche armonia… diciamo… cacofonica… esito piuttosto scontato data l’estemporaneità della mia performance.

Come procedetti? Presto detto; presi a pigiare, dapprima in modo discreto, poi più a briglie sciolte, una croma qua, un bemolle là, una pausa con doppio punto giù, una quintina di fusa più su; lo strepitoso hardware recepiva istantaneamente e traduceva ogni cosa, pure la più sconclusionata, in arzigogolati neumi sonori.

Mancava ancora qualcosa, tuttavia, affinché l’obiettivo si potesse considerare raggiunto, affinché la nascita di ODLA si potesse sancire ufficialmente.

(nella foto, a sinistra Renato Pace, co-inventore di ODLA, a destra Fabio Rizzo, sassofonista e compositore non vedente)

 

LA MIA ODLA

La mattina del 20 dicembre dello stesso 2020, finalmente, ricevevo dai miei raggianti amici, per l’occasione presentatisi in panciotto e papillon, il regalo di Natale più gradito; in gran pompa, come si conviene ad una diva, faceva il suo ingresso nel mio salotto, anch’esso adeguatamente addobbato a festa, la prima tastiera ODLA ultimata e rifinita nei particolari; pronta per essere utilizzata e messa in condizione di effettuare al meglio le svariate fasi della stesura di uno spartito.

Anche il tassello mancante, cioè quello che avrebbe consentito a tutti, comprese le persone non vedenti, di scrivere su pentagramma le proprie pagine musicali in piena autonomia, era stato dunque messo al proprio posto e collaudato; un tassello prezioso quanto una scintilla nell’oscurità, quanto un rintocco nel silenzio… insomma, per dirla in termini meno enfatici, all’oggetto tanto desiderato che ora tenevo tra le mani era stato fatto compiere quel balzo, quello sviluppo strutturale, che lo avrebbe dotato della più straordinaria delle facoltà: supportare, con l’ausilio della sua voce “Ondina”, l’intera gamma di operazioni inerenti alla notazione musicale.

Ebbene sì, alla neonata ODLA, la mia ODLA, era stata data voce umana!

Da quel giorno, questa specialissima tastiera parlante, mi segue ovunque; riposta con cura nella sua custodia firmata, mi accompagna in ufficio, al bar, dal salumiere e persino dal dottore.

È stata sin da subito una compagna inseparabile, quasi una mascotte, un amuleto; di sicuro un tesoro da custodire gelosamente.

È l’ispiratrice di tante mie serate musicali in cui emozione, passione, memoria, logica, tecnica, tutte ravvivate dalla fantasia, si compenetrano, si fondono, generando qua e là interessanti costruzioni sonore.

Talora, invero, pare si faccia scherno di me… sembra voglia dirmi – Ehi amico! Per tutte le Ondine! Cosa intendevi fare? Ti è forse scivolato il polpastrello? – ciò, comunque, avveniva per lo più all’inizio e non poteva che essere del tutto normale… adesso succede molto di rado… le motivazioni fondamentalmente erano e rimangono due: certi input bizzarri datile con eccessiva spregiudicatezza, input sotto forma di comandi rapidi e irti di concatenazioni armonico-melodiche alquanto improbabili, oppure, e questa e la più irritante, certe operazioni piuttosto elementari eseguite così maldestramente da diventare paonazzi per la vergogna; in questo caso la mia reazione è repentina e irrevocabile… cancello stizzito il tutto e le stacco il cavo dalla porta del PC.

Fortunatamente, però, a parte i summenzionati strafalcioni dovuti essenzialmente a distrazioni contingenti o alla scarsa concentrazione, sono bastate poche ore di seria applicazione e totale immersione nel suo linguaggio, peraltro affatto intuitivo, poche ore diluite nei primi giorni di ambientamento e di sana pratica per conoscerci meglio, e la nostra intesa è diventata quasi perfetta.

Ora le mie dita, sicure, rapide, scorrono agili tra le linee marcate e gli spazi smussati del suo magico pentagramma; mentre sciami di segni intersecati, sotto forma di tondelli ripieni, teste vuote, gambe filiformi, tagli, code e codette, sgorgano limpide e fluenti in un caleidoscopio di corone, forcelle, fioriture, rubati, pedali, acciaccature, mordenti, glissè.

clicca qui per vedere uno dei primi test di ODLA effettuati da Fabio Rizzo

 

UN’ALTRA MERAVIGLIA

La seconda grande opportunità offerta dal sistema Odla nella versione più aggiornata, un’ulteriore svolta riservata in particolare agli utenti con disabilità visiva, consiste nel naturale completamento delle funzioni legate alla guida vocale; opportunità, questa, che permette di compiere l’altro decisivo passo verso la meta di una completa libertà di azione.

Tale implemento può spalancare scenari inimmaginabili proprio in quegli ambiti rimasti sinora troppo penalizzati come quello didattico-musicale.

In breve, la versione più recente di ODLA – con la sua voce Ondina perfezionata – consente di analizzare, approfondire, interiorizzare una qualsiasi opera, anche la più vasta e complessa; avvalendosi, per l’appunto, della lettura completamente vocalizzata dello spartito nella sua interezza; e per interezza s’intende letteralmente nota per nota, segno per segno; il tutto con una facilità, una fluidità, una capacità di scendere nel particolare, prossime all’optimum.

Basta individuare il brano, il concerto, la sinfonia che si desidera mettere sotto lente, fare una veloce ricerca in rete sui portali dedicati, importare il file sul proprio computer e lasciare che la voce Ondina ci guidi tra i segreti della partitura prescelta.

È possibile, peraltro, assegnare al pulsante contrassegnato col punto interrogativo posizionato nel medesimo slot di Ondina (questo risulta particolarmente efficace anche in fase di scrittura) assegnare determinate opzioni descrittive in base alle preferenze; e con l’inquadratura espansa al massimo grado di risoluzione si può persino focalizzare la singola virgola in un singolo movimento di una certa battuta; in tal modo, la comprensione dell’opera che si vuole indagare diventa pressoché totale.

Ad esempio, si può scegliere di sviscerare il quarto degli studi Opera 10 di Chopin immergendosi nella lettura inebriante dei suoi incessanti intrecci virtuosistici; scoprendo così le impressionanti trame delle due mani che, sospinte da un inesorabile vortice, si rincorrono senza requie in un vertiginoso crescendo che lascia senza parole…

Oppure ci si può addentrare in uno dei maestosi monumenti di Bach, con le sue scalee concentriche, le sue anse retrograde, i suoi ambulacri remoti, come quelli scolpiti nel sublime Contrapunctus III dell’Arte Della Fuga…

O, ancora, con una buona dose di temerarietà ci si può avventurare tra i declivi inquietanti di una delle pagine dodecafoniche dell’ultimo Stravinsky come The Flood.

 

Fabio Rizzo

Sassofonista e Compositore non vedente

 

 

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